Titolo: Compenetrazione
Serie: Scars as vein
Anno: 2021
Il progetto nasce dalla filosofia del kintsugi, “riparare con l’oro”. Questa pratica di artigianato giapponese consiste nel riparare il vasellame rotto con metalli preziosi. Essa viene spesso considerata una forma di arte-terapia perché riflette il concetto di resilienza e celebrazione delle cicatrici, segno delle battaglie vinte. La scultura rappresenta la materializzazione delle imperfezioni sul corpo femminile. La forma della scultura evoca il corpo di donna per la sua sagoma simil circolare e la sinuosità delle sue linee. Il materiale della scultura è in marmo bianco di Carrara, la scultura è stata fotografata presso l’atelier di uno scultore carrarino. Questa tipologia di roccia riprende perfettamente, secondo me, il concetto di resilienza ed esaltazione delle ferite. Le cicatrici ci identificano e distinguono come le impurità minerali nel marmo. Infatti, le sedimentazioni, create dal processo metamorfico, si cristallizzano e diventano le venature del marmo, senza di esse il marmo non sarebbe tale. La tipologia di venatura aiuta a distinguere tra le varietà di marmo. Inoltre, differenzia ogni singolo blocco, lo rende unico. La modella e la scultura rappresentano le fasi di una relazione tra sé stessi e le proprie imperfezioni, tra sé stessi e i segni che permangono dopo certe cadute. In questa danza amorosa abbiamo otto momenti: incontro, desiderio, noia, confronto, intimità, compenetrazione, addio, ricordo. Il foro centrale della scultura esprime la mia seguente poesia:
Come un proiettile fendi l’aria
parole che trapassano
lasciano ferite che non si rimarginano
un’assenza assordante
un ricordo silenzioso
certi vuoti possono farti impazzire
Cicatrici come venature
Scars as vein
The idea for the photographs comes from the philosophy underlying technique of kintsugi, "repairing with gold."This practice of Japanese craftsmanship consists in repairing broken pottery with precious metals. It is often considered a form of art-therapy because it reflects the concept of resilience and celebration of scars, a sign of battles won.The sculpture represents the materialization of imperfections on the female body. The shape of the sculpture evokes a woman's body by its simil-circular outline and the sinuosity of its lines. The material of the sculpture is white marble from Carrara, the sculpture was photographed at the atelier of a sculptor from Carrara. This type of rock captures perfectly, in my opinion, the concept of resilience and exaltation of wounds. The scars identify and distinguish us as the mineral impurities in marble. In fact, sedimentations, created by the metamorphic process, crystallize and become the veins of the marble; without them the marble would not would be such. The type of veining helps to distinguish between varieties of marble. Also, it differentiates each individual block, making it unique. The model and the sculpture represent the stages of a relationship between oneself and one's imperfections, the confrontation with the marks that remain after certain falls. In this loving dance we have eight moments: Encounter, Desire, Boredom, Confrontation, Intimacy, Compenetration, Farewell, Remembrance. The central hole in the sculpture expresses my following poem:
Like a bullet through the air
words that pierce
leave wounds that do not heal
a deafening absence
a silent memory
certain voids can drive you mad
Senza titolo
Serie: Cercando casa
Anno: 2021
Cercando casa
Ho iniziato a cercare casa da qui, da Roma, pur abitando a chilometri di distanza da ciò che mi è familiare. Per trovare una direzione ho tentato di comprendere cosa potesse odorare di casa. Ho iniziato a camminare di notte, sentivo che era la giusta strada. Continuavo a collezionare un vuoto, a vagabondare senza meta in cerca di un’assenza. Dopo aver mappato gran parte del mio quartiere, il cammino è diventato più chiaro. Il più intenso ricordo che ho di casa è il vuoto che si creava di notte. Poco prima della mezzanotte le strade diventavano immense, ma allo stesso tempo strettissime. Giovani vagabondi mendicanti di vita, giravamo affamati a cercare qualcosa, a trovare un modo per sentirci vivi. Camminavamo da parte a parte del centro storico come topi in gabbia, creavamo abitudini che odiavamo mantenere, ci sedevamo sempre nei soliti posti e con sguardi spenti trovavamo conforto nel sognare insieme. Siamo cresciuti, ci siamo divisi, li ricordo ancora. Scappando mi ritrovo a cercarlo inconsciamente, a riproporlo a distanza di chilometri. Ecco cosa sono queste fotografie. Una passeggiata notturna attraverso i miei occhi, attraverso i miei ricordi. Il racconto inizia da una piccola porticina oscura a Roma e termina nella campagna di casa mia a Sarzana.
Looking for home
I started looking for home from here, from Rome, despite living miles away from what is familiar to me. To find a direction I tried to understand what home could smell like. I started walking at night, I felt it was the right way. I kept collecting an emptiness, wandering aimlessly in search of an absence. After mapping most of my neighbourhood, the path became clearer. The most intense memory I have of home is the emptiness that was created at night. Shortly before midnight the streets would become immense, but at the same time narrow. Young vagabonds begging for life, we wandered around hungrily looking for something, looking for a way to feel alive. We walked from side to side in the old town like rats in a cage, we created habits we hated to keep, we always sat in the same places and with dull glances we found comfort in dreaming together. We grew up, we grew apart, I still remember them. Running away I find myself unconsciously looking for it, replaying it miles away. That is what these photographs are. A night walk through my eyes, through my memories. The story begins from a small dark door in Rome and ends in the countryside of my home in Sarzana.
Titolo: Sofia
Serie: L’essere identico
Anno: 2022
L’essere identico
Parlare di identità è da sempre un’argomentazione complessa; fin dagli antichi greci l’essere umano come animale sociale era al centro di moltissime dissertazioni ed oggi credo che sia diventato ancora più complicato comprendere ed analizzare questo concetto. Dai social alle riviste, l’identità è una tematica che si cerca di canalizzare, riscrivere, distruggere, ma come possiamo comprendere un costrutto sociale? Ogni essere umano costruisce la propria identità nel corso della vita, essa è un insieme di esperienze, cadute e grandi speranze. Non possiamo più arrogarci il diritto di parlarne come “l’essere identico, perfetta uguaglianza”, identico a chi ? Il dizionario Treccani prosegue nel descrivere questo concetto anche in senso psicologico e sessuale, ma più rileggo queste definizioni e più mi accorgo come le nuove generazioni stiano cercando di distruggere tutto ciò, stiano cercando di risignificare, creare nuovi spazi, senza barriere. Già il fatto di chiedere ad una persona di riconoscersi in se stesso può essere definito un muro, perché in molti si chiedono ancora chi sono o lo stanno cercando di scoprire. Credo che, in questi ultimi anni in cui i giovani hanno ben poche certezze, l’identità debba tornare ad avere una valenza pirandelliana, una codifica sfaccettata e dissimile a se stessa, ad essere una maschera e una maschera che dà libertà. L’identità può non essere qualcosa di identico a se stesso, o la profonda consapevolezza di riconoscersi in uno specifico sesso, l’identità può essere un colore, o un emozione, o qualcosa di cui non puoi fare a meno. Le barriere ed i concetti semplificano la società, ma credo che l’ultima cosa di cui l’uomo abbia bisogno sia di semplificarsi. Il mio progetto fotografico per CosmoIAm vuole indagare visivamente questi miei pensieri. Mi sono chiesta all’inizio come ritrarre in modo complesso un soggetto, una persona che ho conosciuto e vissuto. Come si può restituire un incontro allo spettatore ? Una sola immagine non mi bastava, volevo di più. Allora ho deciso di ricostruire questo soggetto umano attraverso le immagini che emergevano nel discorso mentre si raccontava e per così dire “restituirle”, sovrapponendole alla sua figura attraverso il collage. Successivamente ho deciso di fotografare 8 ragazzi dai 20 ai 30 anni e porre a tutti loro delle domande che indagassero la loro identità. Le domande erano le stesse per tutti i soggetti ritratti: Cosa significa per te identità? Come ti descriveresti con un colore? Un’emozione? Una storia? Cosa pensi guardandoti allo specchio? Cosa cambieresti di te ? A cosa non rinunceresti mai? Qual è la tua direzione? Cosa senti che ti identifichi? Questi ritratti sono il sedersi davanti ad un caffè, sono l’ascoltare l’altro e concedergli la possibilità di ritrarsi, di trovarsi, di perdersi. Ciò che mi importava infatti non era l’avere delle risposte giuste o estetiche, ma il conoscerli.
The identical being
Talking about identity has always been a complex topic; since ancient times, humans as social animals have been at the center of many discussions, and today I believe it has become even more complicated to understand and analyze this concept. From social media to magazines, identity is a theme that is tried to be channeled, rewritten, destroyed, but how can we understand a social construct? Every human being builds their identity throughout their life, it is a set of experiences, falls, and great hopes. We can no longer claim the right to speak of it as "being identical, perfect equality", identical to who? The Treccani dictionary continues to describe this concept also in a psychological and sexual sense, but the more I read these definitions, the more I realize how the new generations are trying to destroy everything, trying to re-signify, create new spaces, without barriers. Just asking a person to recognize themselves can be called a wall, because many still wonder who they are or are trying to discover it. I believe that, in these last few years where young people have very few certainties, identity must return to have a Pirandellian value, a multifaceted and dissimilar codification, to be a mask and a mask that gives freedom. Identity may not be something identical to itself, or the deep awareness of recognizing oneself in a specific gender, identity can be a color, or an emotion, or something you cannot do without. Barriers and concepts simplify society, but I believe that the last thing man needs is to simplify himself. My photographic project for CosmoIAm aims to visually explore these thoughts of mine. At the beginning I wondered how to portray a subject in a complex way, a person I had known and lived with. How can you give back an encounter to the viewer? A single image was not enough for me, I wanted more. So I decided to reconstruct this human subject through the images that emerged in the conversation while telling their story and so to "give them back", overlapping them with their figure through collage. I then decided to photograph 8 young people from 20 to 30 years old and ask them questions that would delve into their identity. The questions were the same for all subjects portrayed: What does identity mean to you? How would you describe yourself with a color? An emotion? A story? What do you think when you look at yourself in the mirror? What would you change about yourself? What would you never give up on? What is your direction? What do you feel identifies you? These portraits are sitting down for a coffee, listening to each other and giving them the opportunity to portray themselves, to find themselves, to lose themselves. What mattered to me was not to have the right or aesthetic answers, but to get to know them.
Senza titolo
Serie: Argia
Anno: 2022
Argia
Quante vite hai vissuto Argia?
Quante persone hai visto nascere?
Tu, partigiana combattente, mi hai visto crescere, mi hai insegnato l’amore, hai acceso questo fuoco in me.
Ti cerco tra le righe di questi ricordi, che si intrecciano, ormai indistinguibili abitano in me. Persone come radici si incontrano in uno stesso terreno, in uno stesso spazio anche se vissuti su linee temporali cos'ì lontane. In questa scatola di ricordi hanno la possibilità di incontrarsi, di conoscersi come non hanno potuto fare prima e finalmente riposare lieti. Memorie leggere gravitano.
Argia
How many lives have you lived, Argia?
How many people have you seen being born?
You, a fighting partisan, have seen me grow up, you have taught me love, you have ignited this fire in me.
I search for you among the lines of these memories, which intertwine, now indistinguishable residing within me. People like roots meet in the same ground, in the same space even if lived on timelines so distant. In this box of memories, they have the opportunity to meet, to get to know each other as they could not do before and finally rest happily. Light memories gravitate.
Titolo: Post-it
Serie: Debora
Anno: 2021
Debora
Appena arrivata la casa mi sembrava molto luminosa e la camera spaziosa. Successivamente ho conosciuto Debora, da subito ho notato che era molto silenziosa e spesso assente in casa. La convivenza era piacevole, ma non sapere quasi niente di lei, non sapere tutt’ora quasi niente, mi ha fatto sentire un ospite non desiderato. Il suo bisogno di privacy e di spazio personale si è fatto con il tempo sempre più ingombrante ed evidente. Stavo quasi per mollare, trasferirmi di nuovo, trovare la terza casa in meno di un mese, ero spaventata. Le cose cambiarono studiando i coniugi Becher, vidi un occasione, una storia. Analizzando quelle strutture industriali così geometriche, così statuarie, mi ricordai dei post it. Ingombranti come edifici, ripetitivi come le serie che avevo appena studiato. Una notte mi alzai di scatto dal letto, credo che fossero le 2, li portai tutti in camera, rimasi quasi un'ora a guardarli. Li disposi un ad uno sul muro e li resi qualcos’altro, li resi una fotografia. Ed ecco che ad un tratto la paura volò via, avevo compreso qualcosa: erano solo dei post it. Iniziai ad essere curiosa, volevo conoscerla, saperne di più su questa convivenza. Cominciai a cercarla in camera sua, nel suo ambiente più privato. Probabilmente per vizio personale, tendo ad andare sempre al punto nelle conversazioni, non amo girare intorno ad un argomento. Era troppo presto. Mi ero avvicinata moltissimo, ma non avevo ancora messo a fuco la direzione. Ricominciai da zero, rimasero solo i post it. Pensai allora di cercare Debora tra le sue cose, non per forza personali. Mi avvicinai lentamente, indagando lo spazio interno a casa e anche quello al di fuori, il percorso che percorrevo abitualmente dal punto più basso al più alto della nostra intimità, della nostra convivenza. Mentre lo costruivo decisi di inframezzarlo di ricordi ed esperienze che abbiamo condiviso. Da qui nasce la spina dorsale del libro. Ho continuato a collezionarti e collezionarmi in immagini di uno spazio vissuto. Non ho mai voluto raffigurare Debora stessa in questo libro, semmai raccontare le sue tracce, il nostro parlarci attraverso un ambiente, vederlo cambiare, cambiarlo io stessa. Ho pensato molto al motivo per cui non volevo fotografarla e all’inizio pensavo fosse legato all’idea di non essere troppo invasiva e dichiarata nel raccontarla, ma poi ho capito che era più personale. Debora per me è stata molto più di una persona. Debora è stata rabbia, silenzio, paura, fastidio, ma anche curiosità, comprensione, complicità, volersi bene. Debora è stato il cammino e cercandola ho scoperto moltissime cose di me. Debora è ancora lontana, ma va bene così e adesso so accettarlo. Non mi sento più un ospite in questa casa, adesso sono partecipe dei suoi silenzi, delle crepe leggere sulle sue abitudini. Forse tutti prima o poi abbiamo una Debora nella nostra vita?
Debora
As soon as I arrived, the house seemed very bright and the room spacious. Later on, I met Debora, and I immediately noticed that she was very quiet and often absent from home. Living together was pleasant, but not knowing almost anything about her, still not knowing much now, made me feel like an unwanted guest. Her need for privacy and personal space became increasingly apparent and intrusive over time. I was almost ready to give up, move again, find a third home in less than a month, I was scared. Things changed when I studied the Becher couple; I saw an opportunity, a story. Analyzing those industrial structures so geometric, so stately, I remembered the post-its. Bulky as buildings, repetitive as the series I had just studied. One night I jumped out of bed, I think it was 2 a.m., I brought them all to my room, I stayed almost an hour looking at them. I arranged them one by one on the wall and made them something else, turned them into a photograph. And suddenly the fear flew away, I had understood something: they were just post-its. I started to be curious, I wanted to get to know her, find out more about this cohabitation. I started looking for her in her room, in her most private space. Probably out of personal habit, I tend to always get to the point in conversations, I don't like beating around the bush. It was too early. I had gotten very close, but I hadn't yet focused the direction. I started over, only the post-its remained. I then thought of looking for Debora among her things, not necessarily personal ones. I approached slowly, investigating the interior space of the house and also the one outside, the path I habitually traveled from the lowest point to the highest of our intimacy, of our coexistence. As I built it, I decided to intersperse it with memories and experiences we shared. This is the backbone of the book. I continued to collect you and myself in images of a lived space. I never wanted to depict Debora herself in this book, but rather to narrate her traces, our communication through an environment, seeing it change, changing it myself. I thought a lot about why I didn't want to photograph her, and at first I thought it was related to the idea of not being too invasive or declared in telling her, but then I realized it was more personal. Debora for me was much more than a person. Debora was anger, silence, fear, annoyance, but also curiosity, understanding, complicity, caring for each other. Debora was the journey, and in seeking her, I discovered many things about myself. Debora is still distant, but it's okay, and now I know how to accept it. I no longer feel like a guest in this house; now I am a part of her silences, of the light cracks in her habits. Maybe we all have a Debora in our lives at some point?
Titolo: Elena
Serie: Cosa significa per te “casa”?
Anno: 2021
Cosa significa per te “casa”?
Stavo riflettendo su cosa fosse per me il concetto di “casa”, ma non riuscivo a trovare un luogo nella mia abitazione che mi restituisse una sensazione di casa, un senso di privato, un sentimento di calore e protezione. Mi venivano in mente posti al di fuori della mia abitazione. Mi sono chiesta se anche ad altre persone la parola “casa” risuonasse il loro come un luogo estraneo alle mura domestiche. Ho deciso quindi di analizzare nel mio progetto questa domanda: Cosa è per te “casa”? Ho scritto un breve testo esplicativo e attraverso alcuni contatti ho condiviso una call aperta per il progetto. Ho chiesto solo alcune cose: la prima richiesta era che mi lasciassero fotografare un foglio A4, attraverso il quale dovevano rispondermi alla sopracitata domanda. Potevano usare il foglio in qualsiasi modo (dipingerlo, disegnarlo, scriverci sopra, strapparlo, etc.) l’importante era che rispettassero la dimensione della pagina. Questa imposizione nel formato l’ho scelta per delimitare lo spazio fruibile a livello figurativo, come le quattro facciate che costituiscono solitamente un edificio La seconda richiesta era che li potessi ritrarre nel luogo che vedevano come “casa”. Ho aggiunto successivamente una terza parte composta da alcuni pensieri che mi hanno scritto e mandato. Queste tre parti del progetto ho deciso di suddividerle su due lati diversi nel libro. Su di un lato, i ritratti accompagnati dai loro pensieri, sull’altro, i fogli A4 insieme ad alcune parole che ricordo dal nostro incontro. Le mie riflessioni su questa tematica sono nate dopo aver visto il progetto di James Mollison “Where Children Sleep”. Questo progetto mi ha fatto conoscere un estraneo che mi è familiare. Ho visto luoghi diversi associarsi ad un medesimo concetto e prendere a volte le più complesse sfaccettature. Ciò mi ha fatto capire che “casa” ha un significato estremamente personale per ogni individuo, e quello spazio in cui ti concedi di restare solo non è circoscrivibile alle mura domestiche.
What does “home” means to you?
I was reflecting on what the concept of "home" meant to me, but I couldn't find a place in my house that gave me a sense of home, a feeling of privacy, warmth and protection. I would think of places outside my home. I wondered if to other people, the word "home" also resonated as something outside the domestic walls. So, I decided to explore this question in my project: What is "home" to you? I wrote a brief explanatory text and shared an open call for the project through some contacts. I asked only a few things: the first request was that they let me photograph an A4 sheet, through which they had to answer the aforementioned question. They could use the sheet in any way (paint on it, draw on it, write on it, tear it, etc.), the important thing was to respect the size of the page. I chose this format restriction in order to limit the usable space at a figurative level, like the four sides that usually make up a building. The second request was that I could portray them in the place they saw as "home." I later added a third part composed of some thoughts they wrote and sent me. I decided to divide these three parts of the project on two different sides of the book. On one side, the portraits accompanied by their thoughts, on the other, the A4 sheets along with some words I remember from our meeting. My reflections on this topic arose after seeing James Mollison's project "Where Children Sleep." This project introduced me to a stranger who is familiar to me. I saw different places associating with the same concept and sometimes taking on the most complex facets. This made me understand that "home" has an extremely personal meaning for each individual, and that space where you allow yourself to be alone is not limited to the domestic walls.
Senza titolo
Serie: Calla
Anno: 2021-2022
Calla
Ho iniziato ad aver paura a camminare di notte da sola. Non stavo più fotografando solo la notte, stavo fotografando la notte come donna. Da questo sentimento nasce questo racconto. Una strada antica e attuale che parla di come il camminare notturno sia una questione di genere, di come le donne debbano vivere con la costante paura di essere aggredite. Cammino sola nella notte per insegnarmi che se ho paura nel farlo è un problema sociale e non personale.
Calla
I started to become afraid to walk alone at night. I was no longer just photographing the night, I was photographing the night as a woman. From this feeling comes this story. An ancient and current path that speaks to how walking at night is a gender issue, of how women have to live with the constant fear of being attacked. I walk alone in the night to teach myself that if I am afraid to do so, it is a social problem and not a personal one.
Senza titolo
Serie: Immersione
Anno: 2022-2023
Immersione
Sono nata malata. Fin dall’infanzia ho avuto un rapporto complesso con la natura. Non avevo la libertà di uscire e di sporcarmi. Per molti anni ho dovuto sottostare ad una pulizia rigida e piena di regole. Ragionando sul concetto di wildness non ho potuto non pensare al mio passato e raccontare di come avrei voluto essere libera. Libera di nascondermi tra gli alberi, di perdermi nei boschi, di immergermi tra i cespugli. Ed e’ da questo desiderio di immersione che si struttura il racconto. Un’immersione progressiva, in cui l’essere umano perde tutto ciò che lo identifica come tale, fino ad essere riassorbito completamente dalla natura, annullandosi in una morte apparente, in cui la sua immagine scompare, ma la sua essenza rimane.
Immersion
I was born sick. Since childhood I have had a complex relationship with nature. I didn't have the freedom to go out and get dirty. For many years I had to adhere to strict and rule-filled cleanliness. Thinking about the concept of wildness, I couldn't help but think about my past and tell how I would have wanted to be free. Free to hide among the trees, to get lost in the woods, to immerse myself in the bushes. And it is from this desire for immersion that the story is structured. A progressive immersion, in which the human being loses everything that identifies him as such, until he is completely reabsorbed by nature, nullifying himself in an apparent death, in which his image disappears, but his essence remains.
Senza titolo
Serie: Ross
Anno: 2022-2023
Ross
Io e Ross ci conosciamo da così tanto tempo che quasi non mi ricordo chi ero prima di conoscerla. Con lei ho scoperto il teatro, la scrittura, l’arte, in breve tutto ciò che amo di me stessa. La nostra amicizia non è stato un caso come nelle sdolcinate storie d’amore, è stata una scelta. Un giorno a teatro l’ho vista, l’ho attraversata da parte a parte e ho capito che non ne potevo più fare a meno. Quando sono con lei mi sento coraggiosa, come quando da bambini costruivamo castelli di sabbia grandi abbastanza da credere di potercisi nascondere. A volte penso che siamo interconnesse, riusciamo a condurre anche un’intera conversazione solo con degli sguardi. Alcuni sguardi li conservo solo per lei. Siamo come lo yin e yang, a guardarci da fuori vedresti solo l’abisso che ci separa, eppure quel punto di congiunzione, quel flebile grigio che ci lega è inspiegabilmente forte. Lì non so distinguere chi sia io e chi sia lei. Questo inverno Ross ha subito un incidente che poteva esserle mortale. Attimi che sembravano anni, lacrime che mi segnavano il volto come cicatrici, sento ancora il loro gusto amaro in bocca. Mi ricordo le sensazioni che ho provato nel percorrere quel corridoio infinito della terapia intensiva, tu eri così distante ed io così vicina, non so ancora come le gambe mi abbiano retto o con quale forza mi abbiano trascinato fuori allo scadere del tempo. So che mi sentivi. Tu sei sempre stata la più forte tra noi. “Ross ce l’ha fatta, Ross ce la farà ancora” me lo ripeto sempre. Questo progetto è un tributo a lei, alla forza di un’amicizia, alle lucciole che vibrano nell’oscurità.
Ross
Ross and I have known each other for so long that I almost don't remember who I was before I met her. With her, I discovered theater, writing, art, in short, everything I love about myself. Our friendship was not a coincidence like in sweet love stories, it was a choice. One day at the theater, I saw her, I went through her from one side to the other and I realized that I couldn't do without her anymore. When I am with her, I feel brave, like when we used to build sandcastles as children big enough to believe we could hide in them. Sometimes I think we are interconnected, we can even have a whole conversation just with looks. Some looks I keep only for her. We are like yin and yang, from the outside you would only see the abyss that separates us, yet that point of connection, that faint gray that binds us is inexplicably strong. There, I cannot distinguish who I am and who she is. This winter, Ross had an accident that could have been fatal. Moments that seemed like years, tears marking my face like scars, I still taste their bitter flavor in my mouth. I remember the sensations I felt as I walked down that infinite corridor of the intensive care unit, you were so distant and I was so close, I still don't know how my legs supported me or with what strength they dragged me out when time expired. I know you felt me. You have always been the strongest among us. "Ross made it, Ross will make it again" I always repeat to myself. This project is a tribute to her, to the strength of a friendship, to the fireflies that glow in the darkness.
Cortometraggio Lasciar andare
Anno: 2022-2023
Lasciar andare
Il progetto racconta della difficoltà a chiudere i capitoli dolorosi che attraversiamo nella vita, un cammino spesso difficile da compiere in modo lineare. Attraverso un elaborato video ho infatti cercato di ricostruire quello che è stata per me la necessità di voltare pagine, un percorso composto dalle volte in cui mi sono voltata indietro, in cui ho cercato di scrivere e riscrivere ciò che stessi sentendo, cercando di liberarmi dalle gabbie di ricordi in cui ero solita nascondermi.
Letting go
The project tells about the difficulty of closing the painful chapters we go through in life, a journey that is often difficult to complete in a linear way. Through an elaborated video, I have tried to reconstruct what has been for me the necessity of turning the page, a path composed of the times when I looked back, when I tried to write and rewrite what I was feeling, trying to free myself from the cages of memories where I used to hide.
Cortometraggio Martina
Serie: L’abito fa la monaca
Anno: 2023-2024
Martina
Ad introdurre l'elaborato "L’abito fa la monaca" è il cortometraggio intitolato "Martina". Questo lavoro mi piace definirlo simbolicamente il fuoco della tesi. La ricerca visiva eseguita durante i laboratori fotografici, con tre donne che hanno subito violenza e hanno fatto un percorso di diversi anni presso il Centro antiviolenza Donna Lilith di Aprilia, mi ha permesso di trovare la forza per raccontarlo. Il cortometraggio parla della violenza che ha subito mia sorella durante l’infanzia. Era una giornata assolata di diversi anni fa, eravamo sole in casa, per molto tempo mi sono chiesta cosa le fosse successo quel giorno che uscì di casa senza che io me ne accorgessi. Quando molti anni dopo decise di raccontarmi cosa fosse successo davvero mi sentii in colpa, mi continuavo a domandare cosa avessi sbagliato, cosa avrei potuto fare che non ho fatto. Cercando di proteggerla diventai soffocante e il nostro rapporto divenne burrascoso e complesso. Solo in questi ultimi anni siamo riuscite a ritrovare un equilibrio, a darci la possibilità di parlarne e di poterlo raccontare.
Martina
The short film titled "Martina" introduces the project "L’abito fa la monaca". I like to symbolically define this work as the thesis' fire. The visual research carried out during the photography workshops, with three women who have experienced violence and have undergone a path of several years at the anti-violence center Donna Lilith in Aprilia, allowed me to find the strength to tell it. The short film speaks of the violence my sister suffered during childhood. It was a sunny day several years ago, we were alone at home, for a long time I wondered what had happened to her that day when she left the house without me noticing. When many years later she decided to tell me what had really happened, I felt guilty, I kept asking myself what I had done wrong, what could I have done that I didn't do. Trying to protect her became suffocating and our relationship became stormy and complex. Only in recent years have we been able to find a balance, give ourselves the opportunity to talk about it and be able to tell it.
Senza titolo
Serie: L’abito fa la monaca
Anno: 2023-2024
L’abito fa la monaca
Il libro si struttura in sezioni. Il racconto si apre con una parte di archivio, questa sezione riecheggia in tutto il libro facendo da spartiacque tra le diverse parti, concedendoci di immergerci in uno spazio di racconto plurale ed emergere poi in una condizione singolare di vissuto. I paesaggi che popolano la narrazione ci traghettano in questo passaggio, luoghi legati all’esperienza vissuta al centro antiviolenza e a casa mia. Una parte del racconto nasce infatti dal lavoro laboratoriale eseguito al Centro antiviolenza donna Lilith. Il lavoro laboratoriale inizia con i ritratti sonori. I volti delle donne appaiono attraverso i tessuti e si legano al racconto dei loro ricordi. Attraverso la collaborazione con un sound designer Vincenzo Stellino, abbiamo cercato di creare delle melodie per ognuna di esse, costruendole attraverso i suoni che le donne stesse ci hanno mandato perché evocativi del loro passato (QR CODE). Successivamente abbiamo analizzato gli oggetti che potevano essere definiti “totemici”, totem perché oggetti che per il soggetto hanno assunto un significato ben al di là dell’uso quotidiano. L'intenzione per gli scatti è stata quella di comprendere questo tema attraverso la dicotomia “ciò che hai lasciato/ ciò che hai portato con te" e usare i colori come ulteriore modalità di chiarire l’emotività legata al ricordo. Il codice che è posto sotto gli still life identifica infatti il pantone di quel ricordo. Infine, nata da un’esigenza personale, c’è la sezione blu. Essa racconta il rapporto tra il nostro corpo e l'abito, come abitiamo questo tessuto, come ci fa sentire, come viviamo questa relazione. Ogni donna ha scelto di scattare un capo che fosse significativo, successivamente ho elaborato le immagini con la cianotipia. La scelta del blu, dunque dell’uso di questa tecnica di stampa, è data da un periodo in cui ho vissuto un complesso rapporto con il mio corpo. Un limbo blu in cui nessun riusciva ad entrare ed io non riuscivo ad uscire. L’ultima sezione che ho deciso di creare all’interno del libro è dedicata a mia sorella Martina, alla sua storia e al nostro rapporto. Entriamo nella sua vita percorrendo le pagine del suo diario, ci fermiamo in alcuni frame del cortometraggio, camminiamo con lei attraverso i luoghi dei suoi ricordi, ci accompagna fino all’ultima parte di archivio che chiude il racconto dell’intero libro.
L’abito fa la monaca
The book is structured in sections. The story opens with an archival part, this section echoes throughout the book serving as a dividing line between the different parts, allowing us to immerse ourselves in a plural narrative space and then emerge in a singular condition of experience. The landscapes that populate the narration ferry us through this passage, places linked to the experiences lived at the anti-violence center and at my home. A part of the story, in fact, arises from the laboratory work carried out at the Lilith Women's Anti-Violence Center. The laboratory work begins with sound portraits. The faces of the women appear through the fabrics and are linked to the stories of their memories. Through collaboration with a sound designer Vincenzo Stellino, we tried to create melodies for each of them, building them through the sounds that the women themselves sent us because they were evocative of their past (QR CODE). Subsequently, we analyzed the objects that could be defined as "totemic," totems because they are objects that have taken on a meaning well beyond their everyday use for the subject. The intention for the shots was to understand this theme through the dichotomy of "what you left behind/what you brought with you" and to use colors as an additional way to clarify the emotionality linked to memory. The code placed under the still life indeed identifies the pantone of that memory. Finally, born out of a personal need, there is the blue section. It tells the relationship between our body and clothing, how we inhabit this fabric, how it makes us feel, how we live this relationship. Each woman chose to photograph a garment that was significant, and I subsequently processed the images with cyanotype. The choice of blue, therefore of using this printing technique, comes from a period when I experienced a complex relationship with my body. A blue limbo where no one could enter and I couldn't get out. The last section that I decided to create within the book is dedicated to my sister Martina, to her story, and to our relationship. We enter her life by flipping through the pages of her diary, we stop in some frames of the short film, we walk with her through the places of her memories, she accompanies us to the last archival part that closes the story of the entire book.
Cortometraggio SEMI
Anno: 2024
SEMI
Il cortometraggio intreccia le esperienze delle donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza dell'associazione Lilith centro Donna di Roma. Voci che diventano una, storie di un'unica storia: rompere il ciclo della violenza rivolgendosi ai centri antiviolenza disseminati nella provincia di Latina.
SEEDS
The short film intertwines the experiences of the women who turned to the anti-violence centers of the Lilith Women's Center association in Rome. Voices that become one, stories of a single story: breaking the cycle of violence by turning to the anti-violence centers scattered throughout the province of Latina.